Antonio Tabucchi, Controtempo, in Il tempo invecchia in fretta
Il cambio sulla soglia di un tempo inaspettato
E ora lo stiamo seguendo, l’ignoto personaggio che è arrivato a Creta per raggiungere un’amena località marina e che a un certo momento, bruscamente, per un motivo anch’esso ignoto, ha preso una strada verso le montagne. L’uomo proseguì fino a Mourniès, attraversò il villaggio senza sapere dove andava come se sapesse dove andare. In realtà non pensava, guidava e basta, sapeva che stava andando verso il sud: il sole, ancora alto, era già alle sue spalle. Da quando aveva cambiato direzione era ritornata quella sensazione di leggerezza che per pochi attimi aveva provato al tavolino della gelateria guardando dall’alto l’ampio orizzonte: una leggerezza insolita, e insieme un’energia di cui non serbava memoria, come se fosse ritornato giovane, una sorta di lieve ebbrezza, quasi una piccola felicità. Arrivò fino a un villaggio che si chiamava Fournès, attraversò il borgo con sicurezza, come se già conoscesse la strada, si fermò a un bivio, la strada principale seguitava verso destra, lui imboccò quella secondaria il cui cartello diceva: Lefka Ori, i monti bianchi. Proseguì tranquillo, la sensazione di benessere si stava trasformando in una sorta di allegria, gli venne in mente un’aria di Mozart e sentì che poteva riprodurne le note, cominciò a fischiettarle con una facilità che lo stupì, stonando in maniera pietosa in un paio di passaggi, il che lo fece ridere. La strada si infilava fra le aspre gole di una montagna. Erano luoghi belli e selvatici, l’automobile correva in uno stretto asfalto lungo il letto di un torrente asciutto, a un certo punto il letto del torrente scomparve fra le pietre e l’asfalto finì in un sentiero di terra, in una pianura brulla fra montagne inospitali, intanto la luce calava, ma lui andava avanti come se già conoscesse la strada, come qualcuno che obbedisce a una memoria antica o a un ordine ricevuto in sogno, e a un certo punto su un palo sbilenco vide un cartello di latta con dei buchi come se fosse stato forato da fucilate o dal tempo che diceva: Monastiri.
Lo seguì come se fosse quello che aspettava finché non vide un piccolo monastero con un tetto semidiroccato. Capì di essere arrivato. Scese. La porta sgangherata di quelle rovine pendeva all’interno. Pensò che ormai in quel luogo non c’era più nessuno, un alveare di api sotto il piccolo portico sembrava esserne l’unico guardiano. Scese e aspettò come se avesse un appuntamento. Era quasi buio. Sulla porta apparve un frate, era molto vecchio e si muoveva a fatica, aveva un aspetto da anacoreta, con i capelli incolti sulle spalle e una barba giallastra, cosa vuoi, gli chiese in greco. Conosci l’italiano?, rispose il viaggiatore. Il vecchio fece un cenno di assenso con la testa. Un po’, mormorò. Sono venuto a darti il cambio, disse l’uomo.
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