Il tempo, a volte, sembra che non passi, è come una rondine che fa il nido sulla grondaia, esce ed entra, va e viene, ma sempre sotto i nostri occhi, potremo pensare, noi e lei, di potercene rimanere così per l'eternità, o almeno per mezza eternità, che già non sarebbe male. Ma, d'improvviso, c'era e non c'è più, l'ho vista proprio ora, dov'è andata a finire, e se abbiamo a portata di mano uno specchio, Gesù com'è passato il tempo, come sono invecchiato, ancora ieri ero il fiore del rione, e oggi niente più rione né fiore. Baltasar non ha specchi, se non questi nostri occhi che lo guardano scendere per la strada fangosa verso il paese e son loro che dicono, Hai la barba piena di peli bianchi, Baltasar, hai la fronte carica di rughe, Baltasar, hai il collo raggrinzito, Baltasar, già ti si curvano le spalle, Baltasar, non sembri più neache lo stesso uomo, Baltasar, ma questo è certamente difetto degli occhi che usiamo, perché proprio ora si fa avanti una donna e dove noi vedevamo un uomo vecchio, lei vede un uomo giovane, il soldato a cui domandò un giorno, Come ti chiami, o forse non vede neanche quello, ma quest'uomo che sta scendendo, sporco, coi capelli bianchi e monco, Sette-Soli di soprannome, se una tale stanchezza se lo merita, ma è un costante sole per questa donna, non perché brilli sempre, ma perché esiste tanto, nascosto da nuvole, soffocato da eclissi, ma vivo, Santo Dio, e gli apre le braccia, chi, le apre lui a lei, le apre lei a lui, tutti e due, sono lo scandalo di Mafra, stringersi l'uno all'altra così in pubblico, e con l'età che hanno, sarà forse perché non hanno mai avuto figli, forse perché si vedono più giovani di quel che sono, poveri ciechi, o magari sono proprio loro gli unici esseri umani che, come sono si vedono, è questo il modo più difficile di vedere, ora che sono insieme perfino i nostri occhi sono riusciti a capire che sono diventati belli.
José Saramago, Memoriale del convento
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