Tutti vivemmo a stento. Almeno una volta leggendo

21 novembre 2008
Il mondo fuori dal mio adorato negozio di libri era tutto un divorarsi a vicenda in una feroce competizione, un si salvi chi può. Ogni cosa era lì, pronta a colpirci a morte, implacabile. Le probabilità di sopravvivere un anno erano pari a zero. Di fatto, dal punto di vista statistico, eravamo praticamente morti. Non lo sapevo ancora per esperienza, ma lo intuivo, con quell'orribile sentore di chi si trovi sul ponte di una nave che stia colando a picco. Se c'è un merito da riconoscere alla letteratura è che infonde un senso di fatalità. Niente, più di una vivida immaginazione, riesce a privare una persona del suo coraggio. Ho letto il diario di Anna Frank, sono diventato Anna Frank. Gli altri potevano provare infinito terrore, appiattirsi spaventati in un angolo, sudare di paura, ma, non appena il pericolo passava, era come se non si fosse mai presentato, così riprendevano a trotterellare felici. Felici per tutta la durata della vita, finchè non venivano schiacciati o avvelenati o colpiti da una barra di ferro che gli rompeva l'osso del collo. Io invece sopravvivevo a tutti loro e, di contro, morivo migliaia di volte. Ho percorso la via trascinandomi dietro una bava di paura luccicante come una lumaca. Quando morirò davvero sarà una delusione.
Sam Savage, Firmino

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