In attesa

19 novembre 2007

Si è alzato, si è coperto con la vestaglia di tessuto pesante, invernale, che sempre distende sopra le coperte del letto, ed è andato ad aprire la finestra. La nebbia era scomparsa, non si crede che tanti luccichii vi fossero rimasti nascosti, le luci sul pendio, le altre sull’altra sponda, gialle e bianche, proiettate sull’acqua come tremolanti lumi. C’è un freddo più intenso. Raimundo Silva ha pensato, come Pessoa, Se fumassi, adesso accenderei una sigaretta, guardando il fiume, pensando come tutto è vago e vario, così, non fumando penserò soltanto che tutto è vario e vago, veramente, ma senza sigaretta, anche se la sigaretta, se la fumassi, esprimerebbe di per sé la varietà e la vaghezza delle cose, come il fumo, se io fumassi. Il revisore si trattiene alla finestra, nessuno lo chiamerà, Vieni dentro, guarda che ti raffreddi, e lui tenta di immaginare che lo chiamino dolcemente, ma rimane ancora un minuto a pensare, vago lui, e vario, e finalmente, come se di nuovo lo avessero chiamato, Vieni dentro, per favore, accondiscende a chiudere la finestra e torna a letto, si corica sulla destra, in attesa. Del sonno.

Ogni assedio consta sempre di un’attesa. È un esercizio di pazienza, un ottovolante di euforia e di disperazione per le parti schierate. La breccia nelle merlature dei bastioni è tale quale quella nei cuori delle persone. L’amore è la fine dell’assedio.

Io sto assediando.

Io sono assediato su ogni fronte.

Sono moro e crociato insieme.

Le porte della città sono sbarrate, ma prima o poi cadranno. L’assedio dura ormai da tanto tempo. La fame morde dentro e fuori il perimetro delle mura, in barba al principio di buon senso per cui chi sta fuori dovrebbe facilmente trovare il pane di cui nutrirsi. Non è così: anche gli assedianti soffrono. Solo che non lo sanno. Perché non tutti i pani sono fatti di grano.

Sarà distruzione.

Sarà gioia per i crociati.

Disperazione per i mori.

O viceversa, fa lo stesso.

La grande prova di saggezza è tener presente che anche i sentimenti devono saper amministrare il tempo.

José Saramago, Storia dell'assedio di Lisbona

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