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21 settembre 2011
Achab e Starbuck

Io profetizzo adesso che mutilerò il mio mutilatore. E così dunque siano il profeta e l’esecutore un essere solo. Questo è più di ciò che voi, o grandi dèi, foste mai. Io vi rido e urlo dietro, giocatori, pugilisti, voi sordi Burke e ciechi Bendigo! Non dirò come i ragazzi ai prepotenti: «Attaccatevi a qualcuno grande e grosso come voi, non picchiate me!». No, voi mi avete atterrato e io sono di nuovo qui, ma voi siete corsi a nascondervi. Uscite da dietro le vostre sacche di cotone! Io non ho armi di lunga portata per raggiungervi. Uscite, Achab vi presenta i suoi omaggi, uscite a vedere se potete deviarmi. Deviarmi? Voi non potete deviarmi, altrimenti deviate voi stessi! È qui che l’uomo vi tiene. Deviarmi? La via del mio fermo proposito è segnata da rotaie di ferro per correre sulle quali il mio spirito è scanalato. Su precipizi senza fondo, attraverso i cuori infestati delle montagne, sotto i letti dei torrenti, io mi precipito infallibilmente. Nessun ostacolo c’è, nessun gomito su questa mia strada di ferro!


Nella vita non c’è un fermo progresso continuo, noi non avanziamo per gradi fissi verso la pausa finale: attraverso l’inconsapevole incanto dell’infanzia, la fede spensierata dell’adolescenza, il dubbio della giovinezza (il destino comune), e poi lo scetticismo, poi l’incredulità, noi ci fermiamo infine nel riposo meditabondo della virilità, il Se. Ma una volta finito, ripercorriamo la strada, e siamo bambini, ragazzi e uomini e Se, in eterno. Dov’è l’ultimo porto, donde non salperemo mai più? In quale etere estatico naviga il mondo, di cui i più stanchi non si stancano mai? Dov’è nascosto il padre del trovatello? Le nostre anime sono come quegli orfani, le cui ragazze-madri muoiono dandoli alla luce; il segreto della nostra genitura giace in quella tomba ed è là che dobbiamo conoscerlo.
E in quello stesso giorno ancora, guardando giù dal fianco della lancia in quello stesso mare dorato, Starbuck mormorò a voce bassa:
«Incanto inscandagliabile, quale mai vide un amante nell’occhio della giovane sposa! Non parlarmi dei tuoi squali dalle file di denti e dei tuoi modi selvaggi di rapina. Che la fede scacci i fatti, che la fantasia scacci le memorie: io guardo nel profondo e credo».



Il viaggio

- Mi abbandonate, voialtri? - mormorò Achab guardando nell’acqua. Pareva esserci poco in queste parole, ma il tono importava una più profonda e disperata tristezza che il vecchio demente avesse mai lasciato intendere. Ma volgendosi al timoniere che fino allora aveva mantenuta la nave contro il vento per diminuirne l’abbrivo, gridò con la sua antica voce leonina: - Barra sopravvento! Raddrizzala per il giro del mondo!
Il giro del mondo! C’è molto in queste parole che ispira sentimenti d’orgoglio; ma dove conduce tutta questa circumnavigazione? Soltanto, attraverso innumerevoli pericoli, a quello stesso punto donde si è partiti, dove quelli che abbiamo lasciato indietro al sicuro sono stati avanti noi tutto il tempo.
Se questo mondo fosse un piano infinito e navigando a oriente noi potessimo sempre raggiungere nuove distanze e scoprire cose più dolci e nuove di tutte le Cicladi o le Isole del Re Salomone, allora il viaggio conterrebbe una promessa. Ma, nell’inseguire quei lontani misteri di cui sogniamo, o nella caccia tormentosa di quel fantasma demoniaco che prima o poi nuota dinanzi a tutti i cuori umani, nella caccia di tali cose intorno a questo globo, esse o ci conducono in vuoti labirinti o ci lasciano sommersi a metà strada.



La fine alata

…mentre gli ultimi rovesci si mescolavano sul capo sommerso dell’indiano alla testa di maestro, lasciando ancora visibili alcuni pollici del bastone eretto, insieme a lunghe jarde sventolanti della bandiera che ondeggiava tranquilla con ironico accordo alle onde distruggitrici che quasi la toccavano; in quell’istante un braccio rosso e un martello sorsero tesi all’indietro, nell’aria libera, in atto d’inchiodare ancora la bandiera al bastone affondante. Un falco del ciclo che aveva beffardamente seguito il pomo di maestra giù dalla sua naturale dimora tra le stelle, dando beccate alla bandiera e molestando Tashtego, cacciò per caso ora la sua larga ala palpitante tra il legno e il martello; e contemporaneamente sentendo quel brivido etereo, il selvaggio sommerso là sotto, tenne, nel suo anelito di morte, il martello rigidamente piantato; in modo che l’uccello celeste, con strida d’arcangelo, col rostro imperiale teso in alto e il corpo prigioniero avvolto nella bandiera di Achab, andò a fondo con la nave, che, come Satana, non volle scendere all’inferno finché non ebbe trascinata con sé, per farsene elmo, una parte vivente del ciclo.
Piccoli uccelli volarono ora, strillando, sull’abisso ancora aperto; un tetro frangente bianco si sbattè contro gli orli in pendio; poi tutto ricadde, e il gran sudario del mare tornò a stendersi come si stendeva cinquemila anni fa.

Herman Melville, Moby Dick, o la Balena



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